“Il peso della fortuna” riflessioni della scrittrice Cristina Alessandro
“Caspita che fortuna!” “Tu sì che sei fortunata!”
Esclamazioni simili mi vengono rivolte di continuo e, in qualche occasione, io stessa le ho dispensate.
Inutile negarlo: un pizzico di buona sorte aiuta in ogni ambito. Basta trovarsi nel luogo giusto al momento giusto, sfruttare la casualità di un incontro, quell’inserzione professionale che cambia il futuro.
Attribuire il giusto valore ai suoi poteri è un conto, svilire l’impegno con cui si suda per ottenere qualcosa, un altro. Per questo mi arrabbio quando si sottovaluta la mia fatica, insinuando che il lavoro altrui conti di più solo perché lo sanno vendere meglio.
Se si tira in ballo la salute o la circostanza fortuita che mi ha fatta nascere in un continente florido, piuttosto che dall’altra parte del mondo, sì: sono fortunata. Non devo lottare ogni momento per la sopravvivenza.
Ma l’insidia di fondo è che molti invidiano il benessere di chi se lo è meritato onestamente. Lo pretendono, magari senza aver mai sgobbato per guadagnarselo o essersi messi in gioco con umiltà. Un tutto dovuto a sforzo zero.
Deve essere dura anche tirar sera se si nasce fannulloni: una sindrome logorante di stress. Nell’ottica che tanto qualcuno ci penserà e verrà in loro aiuto, aspettano ignavi che i problemi quotidiani si risolvano per magia, ingraziandosi la dea bendata affinché li esaudisca. Chissà mai li premi con una vincita provvidenziale…
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