“Filosofia della mutanda” riflessioni della scrittrice Cristina Alessandro.
Riflettevo sui casi della vita, sull’alternarsi delle stagioni, sulle bufere mediatiche.
Mi è tornata in mente la strofa di un testo di Gino Paoli che dice: “Sono ancora qui con le mie domande/ e sono ancora qui cosa farò da grande/ e sono ancora qui nelle mie mutande…”
E di mutande, appunto, vorrei parlare. Ce ne sono di tutti i tipi e gusti, da scegliere per ogni occasione: sgambate, alla brasiliana, di pizzo o ascellari della nonna.
Come i corsi e i ricorsi della storia, in base alle mode, a volte ritornano. Recente è il lancio sul mercato degli slip in jeans realizzati da un brand parigino. Una vera chicca.
L’etimologia della parola mutande deriva dal latino: mutandae “da mutarsi”, plurale femminile del gerundivo di mutare, “cambiare”.
Sarebbe buona creanza indossarne di linde ogni giorno, per un’elementare questione di igiene e, perché no, di frivolezza. Infilando un boxer o una coulotte, freschi di bucato quotidiano, ci sentiamo a posto: chissà se esiste, parallelo, un candore mentale dove, a farci stare meglio, siano idee genuine di giornata.
Che assurda analogia! Proprio chi dubita, chi ha il coraggio di modificare il suo punto di vista, si evolve. Già, col rischio però di scivolare nelle sabbie melmose della contraddizione. Bisogna essere temprati per lasciar fluttuare le nostre convinzioni come bandiere al vento.
“La coerenza è l’ultimo rifugio delle persone prive d’immaginazione” citava Oscar Wilde: sarà davvero così? Mi interrogo se si tratti di poca fantasia o solo di un disperato bisogno etico di tradurre il sentire in azione. Rimanere fedeli a principi di lealtà, o esibire un capo di biancheria intima in un gioco malizioso di “vedo-non vedo”: ecco l’ipotetico bivio per decidere che posizione prendere.
Il sottile limite tra coerenza e incoerenza ci confonde. È un terreno minato inagibile. Occorre estrema lucidità per individuarne i confini. La tentazione di cambiare rotta per comodo o stanchezza è un’insidia da non sottovalutare. Siamo umani e corruttibili.
A ognuno, dunque, la personale filosofia della mutanda.
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