“Figli delle stelle” riflessioni della scrittrice Cristina Alessandro.
Fin dai tempi antichi l’uomo si è raccomandato alle stelle per prevedere il futuro e cercare di comprendere i misteri dell’universo.
Si è servito di mappe zodiacali o astrolabi per tracciare grafici della posizione degli astri e dei pianeti. Astrologia e scienza lottano da sempre per rivendicare la veridicità delle intuizioni ispirate dal cielo o evidenziarne l’infondatezza.
La seconda svilisce le credenze della prima che affondano nell’occulto e nella magia. Gli astrologi sostengono che la nascita di un individuo alla tal ora del tal giorno possa essere influenzata dalla configurazione dei pianeti in quel dato momento, fino a condizionarne l’avvenire. In pochi dichiarano di leggere e credere all’oroscopo, ma non sono convita confessino il vero.
Noi Italiani, è risaputo, siamo un popolo superstizioso. Inutile parlare delle suggestioni del venerdì 17 o 13: entrambe date temute perché reputate, a torto o ragione, iellate. Mai rompere uno specchio, passare davanti a un gatto nero, sotto a una scala aperta o versare il sale in tavola. Pare che la sfortuna attribuita al numero 17 derivi dal latino. Anagrammandone le lettere si ottiene la parola “VIXI”, passato del verbo vivere. Un pessimo auspicio, per chi lo avverte come tale. Nel dubbio, questa cifra è omessa volentieri un po’ ovunque. Le agenzie bancarie la saltano addirittura: analoga sorte per il 13 che non compare nei sedili d’aereo e nelle file.
Mio figlio nacque alle 17.17 di un venerdì 13 di trentun anni fa. L’ostetrica, ridendo, mi chiese il permesso di modificare il certificato di nascita in 17.20. Lì per lì, in sala parto, mi scappò una risata: magari invece, acconsentendo a quella correzione, deragliai il binario naturale del suo destino… Si minimizza sulla suscettibilità che provoca in noi una profezia velata, una scaramanzia.
Non sono facile preda di influssi chiromantici, eppure quando andavo allo stadio, da ragazzina, indossavo sempre la stessa maglia, quella che mi aveva visto esultare per una vittoria. A scuola, durante i compiti in classe, portavo con me nell’astuccio in cartella un feticcio ad ingraziarmi il fato. Ora, viste le sorti avverse che sfidano ogni domenica la mia squadra del cuore, servirebbero troppi amuleti.
Tanto vale fare “spallucce” e affrontare a muso duro quel che le stelle hanno in serbo per me.
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